Sigaretta elettronica: bugie, certezze, verità e tanta, tanta disinformazione

Ci siamo: la sigaretta elettronica, dopo anni dalla sua introduzione e dopo mesi dal suo perfezionamento, sta iniziando a preoccupare le multinazionali del tabacco. Queste, già fiaccate da numerose cause penali e dalle lotte di molti stati contro il tabagismo, sono partite all’attacco con una doppia strategia: da una parte cercano di entrare nel business , la Philip Morris, primo produttore di sigarette al mondo, è in trattativa già dal 2009 per acquistare Ruyan (anche se non c’è ancora riuscita!), il primo marchio a mettere in commercio sigarette elettroniche nel 2005 , dall’altra si sospetta che ci sia il loro zampino nella poderosa campagna stampa che tenta di rintuzzare il successo di questi strumenti.

Cerchiamo allora di fare un po’ di chiarezza: tutti gli studi precedenti al boom della sigaretta elettronica si concentrano sui danni della combustione e degli additivi sull’organismo, anche per il fatto che la nicotina è un elemento presente (in dosi variabili) anche negli alimenti (per esempio nelle melanzane). Quindi della maggior parte degli effetti nocivi sull’organismo, i più incisivi e determinanti, sono sempre stati attribuiti alla combustione e alla natura degli additivi presenti nelle sigarette.

Improvvisamente tutto cambia, sorgono fumose (è proprio il caso di usare questo aggettivo) ricerche (commissionate non si sa da chi, non si sa perché, ma sicuramente con colpevole e significativo ritardo) che attribuiscono non meglio precisate motivazioni di pericolosità a questo strumento, dimostratosi invece utilissimo a molti, se non altro per diminuire (quando non persino di smettere) la dipendenza dalle sigarette “canoniche”. Non solo: se è vero, come ci hanno sempre detto, che la stragrande maggioranza dei danni prodotti dal tabagismo deriva dalla combustione, che produce  acido cianidrico, acetaldeide, formaldeide, ossido di azoto,ammoniaca, acroleina, allora possiamo facilmente dedurre che la sigaretta elettronica è infinitamente meno nociva del fumo tradizionale. Per non parlare poi delle problematiche relative al fumo passivo, decisamente ridimensionate fino all’azzeramento.

È altresì ovvio che l’eccedere nel consumo di qualunque cosa non può che recare nocumento alla salute (è vero per il cibo, per lo sport: per ogni cosa!), ma non si può non stigmatizzare i tempi e i modi di interviste come quella del Corriere della Sera al Ministro della Sanità Renato Balduzzi, infarcite di tautologie come “la sigaretta elettronica non elimina la dipendenza da nicotina” (chi l’ha mai detto? Non può eliminarla del tutto, perché ne contiene di suo, però aiuta non poco chi è già determinato a smettere) e di affermazioni di natura contingente sul fatto che “aggirano il divieto di vendita ai minori” (e allora? Basta fare una legge uguale a quella delle sigarette, che peraltro viene spessissimo disattesa dai tabaccai), per poi concludere che “la loro diffusione è contraria agli sforzi per disincentivare l’uso della sigaretta” (se così fosse le multinazionali del tabacco non si preoccuperebbero così tanto). Ovviamente è giusto che la regolamentazione all’uso della sigaretta elettronica non prescinda da questioni di sicurezza, ma che sia riferibile alla sua fattura, all’affidabilità del suo meccanismo, magari con un marchio CE che ne garantisca la tranquillità nell’uso e l’idoneità come dispositivo elettronico, che se ne combatta la contraffazione, ma queste sono tutte condizioni che non hanno nulla a che vedere con un pressing mediatico e istituzionale che ha tutta l’aria di essere guidato, se non da attori esterni interessati o gruppi di pressione, quantomeno da un’impronta oscurantista e retriva.

Chi vi scrive si sforza di essere obiettivo, proprio per questo rileva l’idiosincrasia tra quanto si è detto e fatto prima del boom della sigaretta elettronica e quanto invece viene detto oggi.

Fonte: mondoinformazione.com