Tassa sulla sigaretta elettronica: contraddizioni e incongruenze

L’Italia è pressoché stordita di fronte alla notizia che dal primo di gennaio 2014 vige una nuova tassa pari al 58,5% in più sulle sigarette elettroniche. L’inaspettata decisione del Parlamento (scaturita dal crollo delle entrate causato dal fatto che sempre meno italiani acquistano le sigarette tradizionali), ha suscitato non poche polemiche tra i cittadini.

Il discorso partirebbe dal fatto che lo Stato avrebbe inizialmente tassato le sigarette per scoraggiare il consumo di tabacco, sostanza scientificamente dannosa per l’organismo.

Col subentro della sigaretta elettronica, sempre più persone si allontanavano dal vizio del fumo, guadagnando in salute (secondo numerose comunità scientifiche) e avendone anche un considerevole risparmio economico (che considerata la crisi attuale, risulta un fatto decisamente positivo).

Adesso però che il fisco subisce un colpo alle entrate, perché la gente non compra più le sigarette (ma la loro alternativa elettronica), lo Stato impone una tassa sulle sigarette elettroniche e propone addirittura una riduzione delle imposte sul tabacco.

Questione di salute, dunque, o questione di soldi?

Tale provvedimento governativo intrapreso contro la sigaretta elettronica, causerà con molta probabilità un collasso all’intera rete distributiva del settore. Un così forte impatto sui prezzi infatti renderà quasi impossibile l’acquisto delle sigarette elettroniche, e questi aggeggi faranno presto a sparire dal mercato, almeno in Italia, che comunque al momento risulta l’unico paese ad aver applicato una tassa del genere.
Fonte: news.supermoney.eu